14 maggio 2015
Il profumo di piña colada diventa marchio negli USA. E in Europa è possibile registrare un odore come marchio?
I dipartimenti di marketing delle aziende studiano in tutti i modi come distinguersi dai concorrenti, spesso usando strategie non convenzionali per educare i consumatori a collegare il marchio all’azienda di origine di prodotti e servizi. A volte queste tecniche alternative riguardano proprio il carattere del marchio in sé, che viene strutturato secondo una forma “atipica” coinvolgendo più sensi, oltre la vista. Tra i marchi cosiddetti atipici è possibile ricomprendere i marchi di colore, i marchi di forma, i marchi sonori.
Quello che ultimamente si sta diffondendo, nel marketing, grazie ai risultati ottenuti dagli studi di neuromarketing è il cosiddetto scent marketing, ovvero far si che il consumatore possa riconoscere un prodotto, un ambiente o un’impresa attraverso il suo specifico odore (l’olfatto è il più potente tra i cinque sensi, in quanto collegato al sistema limbico, quella parte del cervello che controlla e collega le emozioni e i ricordi).
Ma, allora, un profumo, l’odore di qualcosa può essere registrato anche come marchio d’impresa?
Recentemente, su The Wall Street Journal è apparso un interessante articolo sulla registrabilità dei marchi olfattivi. L’articolo aveva a che fare con l’odore di piña colada applicato all’ukulele.
Un’impresa statunitense che produce e commercializza questi strumenti musicali è riuscita a registrare con successo l’odore di piña colada applicato ai suoi ukulele come marchio d’impresa. Un’altra azienda ha registrato, invece, l’odore del “muschio fiorito” per profumare gli ambienti dei suoi negozi di Boston e Chicago. E poi esistono diverse aziende statunitensi che stanno lavorando per implementare sofisticati metodi di scent marketing per poi procedere a registrarli come marchi olfattivi.
Quella della registrazione dell’odore come marchio d’impresa è una pratica in parte accettata negli USA. Nonostante sia necessario fornire molte prove, gli esaminatori dell’USPTO hanno, infatti, accolto pacificamente alcune domande di registrazione, ma solo quando il titolare dimostri che un profumo o una fragranza abbiano acquisito, in seguito all’uso, il loro carattere distintivo.
Se, invece, si tratta di marchio olfattivo, che non ha acquisito un carattere distintivo a seguito dell’uso, negli States, potrà essere registrato in un registro supplementare, per poi passare in seguito alla registrazione ufficiale.
L’approccio americano comunque è molto più ampio rispetto a quello europeo.
Premesso che in Europa un marchio può essere registrato solo se è possibile riprodurlo graficamente e se permette al consumatore di identificare i prodotti/servizi di un’impresa, distinguendoli da quelli delle altre, la difficoltà maggiore per ottenere la registrazione di un marchio olfattivo, è la sua rappresentabilità grafica, che può essere espressa solo in modo bidimensionale e il suo essere volatile ed effimero.
Un altro requisito da considerare è il fatto che il carattere distintivo del marchio non deve derivare dalla natura stessa del prodotto. Riportando questo discorso al marchio olfattivo significherebbe, che non sarà possibile ottenere la registrazione come marchio olfattivo dell’“odore del grano” per le farine che la mia azienda produce.
In relazione al requisito della rappresentazione grafica, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata, in un famoso caso, respingendo la presentazione da parte del registrante della formula chimica dell’odore, sottolineando che il segno può essere rappresentato graficamente “attraverso immagini, linee o caratteri” in un modo “preciso, chiaro, di per sé completo, facilmente accessibile, intellegibile, durevole e oggettivo”, in caso contrario il segno non può essere idoneo alla registrazione, pertanto, alla luce di tali considerazioni, la Corte ha ritenuto la formula chimica non sufficiente a soddisfare il requisito della rappresentazione grafica (Causa - 273/00).
Per registrare un profumo come marchio d’impresa, non può essere nemmeno utilizzato un campione dello stesso, allegandolo alla domanda di registrazione, proprio perché, anche in tal caso, mancherebbe il requisito della rappresentazione grafica come intesa dalla Corte Europea e, dato il carattere volatile dell’odore e la sua percezione personale, mancherebbero anche i requisiti della durevolezza e dell’oggettività.
Nell’UE solo il marchio olfattivo “odore di erba fresca tagliata” usato per identificare palline da tennis, è stato accettato e in quel caso fu sufficiente la sola descrizione verbale per ottenere la registrazione.
Al momento, tuttavia, non vi è alcun marchio di odore registrato come marchio comunitario, in quanto lo stesso “odore di erba fresca tagliata” , scaduto nel dicembre 2006, non è stato più rinnovato.
Tempi duri, quindi, per chi ha interesse a registrare in Europa un profumo come marchio.
Ad ogni modo, i profumi costituiscono un importante strumento di marketing per le imprese, uno strumento a dire il vero già ampiamente utilizzato. Varrebbe la pena, in questo ambito, forse adottare un approccio meno restrittivo in relazione alla registrabilità degli odori come marchio d’impresa.
L’olfatto è il senso che più degli altri provoca emozioni e suscita anche i più nascosti ricordi nell’animo umano, emozioni e ricordi assumono una funzione vitale nel comportamento dei consumatori. Si comprende bene, dunque, il valore strategico che un marchio olfattivo può assumere nel mercato.
Quello che si può consigliare a chi abbia interesse a registrare un marchio olfattivo è di aumentare gli investimenti in comunicazione e pubblicità: con molta probabilità, utilizzando il carattere distintivo acquisito mediante l’uso, attraverso la prova certa che i consumatori riconoscono quell’impresa o i suoi prodotti da uno specifico odore, vi sono più chances per registrare con successo un marchio olfattivo anche in Europa.
Annalisa Spedicato
Avvocato, si occupa di diritto della Proprietà Industriale e Intellettuale, Diritto dei Nuovi Media, Dati Personali. Area legale “MACROS”