14 luglio 2015
Varietà vegetali e deroghe alla privativa
Con sentenza del 25 giugno 2015 nella causa C-242/14, la Corte di Giustizia si è pronunciata in merito all’ambito di applicazione dell’art. 14 Reg. CE 2100/94 concernente le deroghe alla tutela di una privativa comunitaria per ritrovati vegetali di determinate specie di piante agricole e, in particolare, alla possibilità che gli agricoltori, “ai fini della salvaguardia della produzione agricola” possano utilizzare “nei campi a fini di moltiplicazione, nelle loro aziende, il prodotto del raccolto che hanno ottenuto piantando, nelle loro aziende, materiale di moltiplicazione di una varietà̀ diversa da un ibrido o da una varietà̀ di sintesi chebenefici di una privativa comunitaria per ritrovati vegetali”.
Attività questa che può essere svolta gratuitamente da parte dei piccoli agricoltori e a fronte del pagamento di un’equa remunerazione (sensibilmente inferiore all’importo previsto da una normale licenza) da parte degli altri agricoltori.
In particolare, la decisione in commento è scaturita a seguito del rinvio pregiudiziale del giudice tedesco che chiedeva se l’accesso alla deroga di cui all’art. 14 fosse invocabile in ogni caso e in ogni momento da parte dei soggetti ivi indicati o se, viceversa, vi fosse la necessità da parte loro di avanzare, entro un certo limite temporale, una richiesta formale per poter beneficiare di tale deroga (senza cioè che fosse onere del titolare “scoprire” l’uso della propria varietà).
In questo senso, la Corte, richiamando quando disposto dall’art. 6 del Reg. 1768/95 (a mente del quale, tra le altre cose, l’obbligo di versamento della equa remunerazione al titolare della privativa sorge nel momento in cui l’agricoltore utilizzi effettivamente il prodotto del raccolto della varietà protetta a fini di moltiplicazione) ha chiarito che ove il titolare della privativa non abbia specificamente previsto (contrattualmente) una data per l’effettuazione di tale pagamento, “l’agricoltore può ancora provvedere ad adempiere a tale obbligo dopo aver seminato il prodotto del raccolto della varietà protetta, considerato che la data di utilizzazione effettiva del prodotto stesso a fini di moltiplicazione sui campi non costituisce la scadenza finale entro la quale dev’essere effettuato il versamento dell’equa remunerazione derogatoria, bensì la data a decorrere dalla quale tale remunerazione diviene esigibile”.
La Corte ha però chiarito anche che, benché la citata normativa non indichi minimamente il termine entro il quale l’agricoltore è tenuto a versare la remunerazione stessa (ma, si ripete solo il momento dal quale il versamento è esigibile da parte del titolare), sarebbe contrario alla ratio del regolamento stesso e ad ogni principio di buona fede.
In particolare la Corte ha affermato che “consentire ad un agricoltore che abbia utilizzato materiale di moltiplicazione di una varietà vegetale protetta ottenuta dalla coltivazione, di poter adempiere, senza alcun limite temporale, all’obbligo di versamento dell’equa remunerazione derogatoria e, conseguentemente, di potersi avvalere indefinitamente della deroga di cui all’articolo 14 del regolamento n. 2100/94”; anche in ragione del fatto che una simile interpretazione, tra l’altro, priverebbe di effetto utile le azioni giudiziarie previste dall’articolo 94 del regolamento medesimo le quali ostano evidentemente “a che l’autore dell’infrazione possa sempre provvedere alla regolarizzazione della propria posizione, anche successivamente alla scoperta, da parte del titolare della privativa, di un’utilizzazione dissimulata della varietà vegetale protetta”.
Ciò, a detta della Corte, anche perché i “titolari della privativa per ritrovati vegetali sono gli unici responsabili del controllo e della sorveglianza dell’utilizzazione delle varietà protette nell’ambito della coltivazione autorizzata” cosicché gli stessi ben possono “pretendere buona fede e cooperazione da parte degli agricoltori interessati” posto che, in caso contrario, “l’assenza di un termine precisamente stabilito, cui siano soggetti gli agricoltori ai fini dell’adempimento dell’obbligo di versamento dell’equa remunerazione derogatoria, rischia di incoraggiare questi ultimi a ritardare indefinitamente il pagamento nella speranza di sottrarvisi”.
Conseguentemente la Corte ha quindi chiarito che la deroga di cui all’art. 14 Reg. CE 2100/94 non ha portata automatica e assoluta ma, al contrario, è necessario concludere un apposito contratto con il titolare della privativa che disciplini anche tempi e modi di versamento dell’equa remunerazione o, in assenza, che questa debba essere versata entro un termine massimo individuato dalla Corte nella “fine della campagna di commercializzazione nel corso della quale tale utilizzazione abbia avuto luogo” al fine di non decadere dalla possibilità di beneficiare della deroga stessa (e quindi, di fatto essere considerato contraffattore).