17 novembre 2016
Il Marchio “CHIARA FERRAGNI” rigettato dall’EUIPO, ma anche l'EUIPO può sbagliare
Supponiamo di essere la fashion blogger più pagata al mondo, l’unica italiana inserita nella lista di Forbes degli “under 30 Europe” più influenti a livello internazionale; supponiamo anche di aver fatto del proprio nome un marchio dal valore inestimabile (nel solo 2014, la ragazza ha fatturato 8 milioni di dollari. Fonte Corriere della Sera 28.09.2015 edizione online): qual è la sensazione, secondo voi, nel vedersi rigettare la domanda di registrazione del proprio marchio patronimico per l’Unione Europea e, per giunta, per i prodotti di punta della propria collezione? Non delle migliori, c’è da scommetterci.
La frustrazione deve essere stata ragionevolmente incontenibile, anche perché le motivazioni sulle quali l’EUIPO ha fondato la propria decisione lasciano spazio ad alcune critiche.
Desta innanzitutto qualche perplessità la scelta della fashion blogger di concedere la registrazione e, quindi, la titolarità di un marchio patronimico così illustre a soggetti terzi, ma non entriamo nel merito della decisione strategica.
In data 09.07.2015 la società Serendipity S.r.l. ed i Sigg. Giuseppe e Pasquale Morgese, coinvolti a vario titolo nella commercializzazione di articoli a marchio “Chiara Ferragni”, hanno depositato a proprio nome e con l’autorizzazione della celeberrima fashion blogger la domanda di registrazione come marchio dell’Unione Europea del segno: “”, nel quale figura l’ormai rinomato occhio azzurro stilizzato con ciglia lunghissime, simbolo delle sue collezioni (Sulla distintività del segno simile costituito dal c.d. occhiolino impiegato su prodotti venduti da Chiara Ferragni, si invita a consultare l’interessante approfondimento del Prof. Sandri in Avviso ai Naviganti: “Una strizzatina d’occhio ben riuscita”).
Tale domanda riguardava, inter alia: Borse; Sacche; Portamonete [pelletteria]; Astucci portachiavi; (classe 18); Abbigliamento; Camicie; Maglioni; Pantaloni; Gonne; Jeans; Costumi da bagno; Magliette; T-shirt; Pantaloncini; Abbigliamento sportivo; Biancheria intima; Cappelleria; Calzature. (classe 25).
Più tardi, la CKL Holdings N.V., con sede in Belgio, ha presentato opposizione alla domanda di registrazione sopra citata, ai sensi dell’art. 8(1)(b) RMUE e sulla base del proprio marchio anteriore del Benelux “CHIARA” (denominativo), in classe 25.
Tuttavia, si segnala che Serendipity S.r.l. ed i Sigg. Giuseppe e Pasquale Morgese sono anche titolari del marchio dell’Unione Europea n. 011841582 “Chiara Ferragni” denominativo, per le classi 03, 09, 14, 18, 25, 26 e 27, depositato il 24.05.2013 e, quindi, anteriore rispetto al marchio azionato da CKL Holdings N.V.
Quindi, rimane davvero di difficile comprensione il motivo per cui la difesa dei soggetti sopra citati non abbia provveduto ad intraprendere un’azione di nullità per mancanza di novità del marchio nazionale azionato dalla società belga, chiedendo conseguentemente all’EUIPO la sospensione della presente procedura di opposizione.
Avendo omesso di adempiere a quanto sopra, il procedimento di opposizione contro il marchio figurativo in oggetto è proseguito senza ostacoli.
In particolare, il giudice ha ritenuto confondibili i prodotti in comparazione sopra elencati e la decisione pare condivisibile.
Per quanto riguarda l’analisi dei segni in comparazione, invece, pare non facile seguire il ragionamento che ha portato l’EUIPO a ritenerli simili, in quanto ricco di contraddizioni.
L’Ufficio di Alicante, in particolare, ha correttamente ricordato che il rischio di confusione deve essere valutato tenendo conto dell’impressione globale dei segni esaminati e prendendo quindi in considerazione, inter alia, i relativi elementi distintivi e dominanti.
Tuttavia, ha ritenuto che nessuno dei segni confliggenti fosse dotato di elementi distintivi e dominanti (la valutazione dei caratteri dominanti, tra l’altro, era inapplicabile al marchio anteriore in quanto composto da un unico elemento).
Tale omissione non trova giustificazione in relazione al marchio oggetto di opposizione che, in quanto complesso, implica necessariamente l’analisi di tali caratteri.
Peraltro, proseguendo nella sua dissertazione sul punto, l’Ufficio ha poi richiamato l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in materia di marchi complessi, secondo cui, quando i segni si compongono di elementi sia verbali che figurativi, l’elemento verbale del segno ha, in linea di principio, un impatto sul consumatore più forte rispetto a quello figurativo. Questo accade perché il pubblico non è propenso ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione con il loro elemento verbale piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (TUE, 14.07.2005, T-312/03, ‘Selenium-Ace’, EU:T:2005:289, § 37; Commissione Ricorsi EUIPO, 19.11.2011, R 0233/2011-4, ‘Best Tone’, § 24; e 13.12.2011, R 0053/2011-5, ‘Jumbo’, § 59.).
Tale affermazione però, non tiene conto della particolare ed eccentrica stilizzazione grafica ed artistica dell’elemento figurativo contenuto nel segno contestato, né delle dimensioni e della sua posizione in alto al centro che pone l’occhio azzurro dalle lunghe ciglia maggiormente in evidenza rispetto all’elemento denominativo.
Sebbene la difesa dei Richiedenti abbia palesemente tralasciato tale aspetto, era compito dell’EUIPO, per i motivi elencati sopra, tenere conto delle qualità intrinseche di tale originale elemento grafico che, tra l’altro, non ha una corrispondenza nel marchio anteriore.
Nel riferire quanto sopra, inoltre, l’EUIPO ha trascurato un aspetto rilevante, ribadito nelle sue stesse Direttive. In particolare, è consuetudine che nei negozi di abbigliamento, il consumatore scelga liberamente i capi che intende acquistare o chieda l’assistenza del personale addetto alle vendite. In questo contesto, la scelta del capo d’abbigliamento è di tipo visuale. In altri termini, la percezione visuale del marchio avviene generalmente prima dell’acquisto. Ne consegue che l’aspetto visuale ha un ruolo maggiore nella valutazione globale del rischio di confusione (TUE, 14.10.2003, T-292/01, ‘Bass’, EU:T:2003:264, § 55; 06.10.2004, T-117/03, T-119/03 e T-171/03, ‘NL’, EU:T:2004:293, § 50; 18.05.2011, T-502/07, ‘McKenzie’, EU:T:2011:223, § 50; 24.01.2012, T-593/10, B, EU:T:2012:25, § 47).
Perciò, ci sono buone probabilità che il consumatore, memorizzando l’elemento figurativo di forte impatto del segno contestato, non sia tratto in inganno circa l’origine imprenditoriale dei prodotti da esso contraddistinti.
Nel proseguire il confronto tra i segni, l’EUIPO ha inoltre precisato che, in virtù del fatto che il consumatore è solito leggere da sinistra a destra, la parte iniziale del segno è quella che cattura maggiormente la sua attenzione. Si desume, pertanto, che è l’elemento denominativo “CHIARA” ad avere un maggiore impatto sulla mente del consumatore secondo l’Ufficio.
Peraltro, quando un marchio complesso è costituito da un patronimico come nel caso in questione, non ne deriva automaticamente come corollario che tale patronimico costituisce il cuore del marchio e cioè, il suo nucleo ideologico. Sarà necessario verificare, caso per caso, se ci sono degli elementi secondari differenzianti (tale principio è stato recepito dalla giurisprudenza nazionale della Suprema Corte nelle sentenze Cass. 2016/2191 e Cass. 22033/2016. Per approfondimenti: “Marchi: quando l’elemento figurativo toglie valore al patronimico” dell’Avv. Annalisa Spedicato).
Tale elemento differenziante, lo si ribadisce, è senza dubbio da individuare nell’eccentrico occhio azzurro. È evidente che anche il pubblico del Benelux riconoscerebbe che un nome ed un cognome italiani associati ad articoli di abbigliamento, hanno un impatto visivo indiscutibilmente secondario.
Ad ogni modo, anche qualora non si volesse riconoscere alla componente figurativa di tale segno un ruolo differenziante e dominante, non si può non tener conto del fatto che, quando si tratta di marchi di stilisti, ancor più se famosi, è molto probabile che il cognome presente nel segno abbia un impatto maggiore e venga ricordato più facilmente dal consumatore medio. Quindi, non è escluso che il cognome “Ferragni” sia sufficiente ad evitare il rischio di confusione tra i marchi in esame, ma questo aspetto non è stato preso in considerazione dall’Ufficio di Alicante.
Un altro aspetto che merita di essere esaminato è quello concernente il confronto in astratto.
È ormai principio unanimemente condiviso che nella valutazione della somiglianza tra i segni in esame in un procedimento di opposizione, tali segni debbano essere considerati nella forma in cui è riconosciuta loro la tutela. In altri termini, i marchi registrati anteriori e le domande di marchio dell’Unione Europea contestate devono essere valutate nella forma in cui sono, rispettivamente, registrati e depositate. L’uso effettivo o possibile dei marchi registrati in un’altra forma è irrilevante ai fini del raffronto tra i segni.
Alla luce di quanto suesposto, è ragionevole che la copiosa documentazione prodotta dalla difesa dei Richiedenti non abbia alcuna rilevanza nel presente giudizio sul rischio di confusione, benché sia stata presentata per dimostrare quella rinomanza del marchio contestato che tale rischio di confusione avrebbe impedito.
Tuttavia, non è per questa ragione che l’EUIPO ha rifiutato di prendere in considerazione i documenti che mostravano la fashion blogger sulle copertine patinate internazionali e le pubblicazioni degli oggetti a marchio “Chiara Ferragni” su siti web, blog, social network etc.
L’Ufficio di Alicante ha fatto presente che il diritto del marchio dell’Unione Europea nasce nel momento in cui è depositata la relativa domanda di registrazione, non prima, e che è a partire da tale data che il marchio sarà esaminato in un procedimento di opposizione. Pertanto eventi o fatti che sono accaduti prima di tale data sono irrilevanti perché i diritti dell’opponente sono anteriori alla data di deposito della domanda di Marchio dell’Unione Europea.
Con riferimento a quanto sopra, occorre segnalare che tale affermazione appare eccessivamente generica. Se è vero che il momento dell'accertamento giuridico della validità della registrazione è quello della domanda, ciò non significa che tutto ciò che è avvenuto prima non abbia alcun rilievo in generale. L’affermazione dell’EUIPO non sembra tener conto del fatto che eventi e fatti antecedenti al deposito della domanda possano contribuire a costituire una valida prova dell’uso concreto del marchio, qualora contestato, o a dimostrarne l’acquisito secondary meaning.
Tuttavia, sulla base di quanto sopra, è stato ritenuto sussistente il rischio di confusione tra i segni in comparazione e la domanda di marchio dell’Unione Europea per il segno figurativo “CHIARA FERRAGNI” è stata rigettata per i prodotti delle classi 18 e 25 indicati sopra.
Se abbiamo scommesso sulla frustrazione della fashion blogger, possiamo scommettere anche che la vertenza non è da considerarsi conclusa.
Siamo soltanto al primo capitolo e ci saranno senza dubbio delle evoluzioni. È possibile, infatti, che i Richiedenti agiscano per ottenere una dichiarazione di nullità del marchio del Benelux azionato dalla società belga o facciano ricorso contro la decisione dell’EUIPO che, con tutta probabilità, verrà annullata per insufficiente motivazione sulla pretesa irrilevanza dell'elemento figurativo del segno contestato.
Ciò ci porta a sperare che il celebre marchio patronimico assieme all’occhio azzurro dalle lunghe ciglia possa salvarsi.