4 novembre 2024
Il copylefet: quando copiare non è plagio
di Paola Stefanelli e Elisabetta Angelini
Nel vasto universo di Internet, esistono molteplici opportunità per tutelare o per sfruttare un’opera, sia essa un’immagine o un testo, a patto che non si scivoli nell’inerzia, in violazioni inconsapevoli o in ingenuità.
Per tutelarsi, sarebbe sufficiente conoscere i diritti ed i limiti che contraddistinguono, fisiologicamente, le varie attività che possono essere intraprese on line.
Ad esempio, quando vogliamo tutelare una nostra fotografia, un disegno, un elaborato testuale o musicale, ecc. e, contestualmente, desideriamo divulgarli, possiamo appellarci all’art. 2575 del c.c., secondo cui “tutte le opere a carattere creativo, indipendentemente dalla loro origine e destinazione, sono sottoposte al diritto d’autore per legge”.
L’ambito di applicazione di tale normativa è contestualizzabile sia all’era pre-Internet che all’era digitale, tant’è i che i suoi principi cardine (quanto la maggior parte delle norme di dettaglio) si applicano, oggi, principalmente al WEB.
Il diritto di autore nasce contestualmente alla creazione dell’opera ed è interamente di proprietà del creatore, a meno che ovviamente non vi sia un contratto di prestazione d’opera con terzi committenti.
Proprio in virtù di questo pieno diritto, l’artista può fare ciò che vuole della sua opera, soprattutto da un punto di vista economico (anche cederne i diritti di sfruttamento), e la paternità dell’opera stessa sarà sempre a lui riconducibile.
Non bisogna però ritenere, erroneamente, che tale normativa sia applicabile a tutto ciò che è reperibile sul WEB e che tutti i contenuti on line siano soggetti a restrizioni di sorta.
Internet comprende anche un mondo vasto e “libero”, in cui tre macro-componenti costituiscono realtà sottratte ai vincoli del diritto d’autore per ragioni molto diverse tra loro, e riconducibili a tre condizioni giuridiche: il “fair use”, il “pubblico dominio” ed il “copyleft”.
– Il “fair use” si riferisce alle circostanze in cui un’opera, pur essendo soggetta a copyright, può essere liberamente riprodotta in ragione di particolari cause giustificative (per esempio in caso della DAD – Didattica a Distanza).
– con il termine “pubblico dominio” si fa riferimento ad un’opera che non è vincolata dai limiti standard imposti dal copyright (per motivi temporali, i.e. il diritto d’autore è scaduto, o per altro motivo naturalmente imposto dalle restrizioni della proprietà intellettuale).
– il “copyleft” riguarda tutte quelle opere che non sono soggette al copyright (per un ovvio gioco di parole ed… assonanza al contrario!). In questo caso, l’autore ha rinunciato ai propri diritti di proprietà intellettuale, decidendo di fare circolare una sua opera liberamente ed imponendo al massimo qualche limitazione (come, ad esempio, la richiesta di “citare la fonte”).
Il copyleft consiste, sostanzialmente, in una vera e propria licenza tramite la quale il proprietario concede il permesso di copiare e riprodurre una propria opera, svincolandosi, in tal modo, dai principi fondamentali del diritto d’autore secondo cui, invece, il creatore di un’opera ne controlla la circolazione e le conseguenti limitazioni.
Lo scopo della divulgazione del copyleft è proteggere in primis gli interessi sociali nella creazione di conoscenza ed è altresì fondamentale in molti progetti di programmazione. Ad esempio, l’utente che utilizza un software soggetto a licenza di copyleft può modificare, copiare e distribuire lo stesso software modificato, offrendo la possibilità agli utenti destinatari di effettuare ulteriori variazioni.
A tale riguardo, si ritiene che la prima licenza pubblica generale sia stata creata nel 1983 da tale Sig. Richard Stallman per regolare l’uso del progetto di programmazione OPEN SOURCE “GNU”, vale a dire un insieme di strumenti utilizzabili nell’ambito di un software libero, utilizzabile come sistema operativo o con altri sistemi operativi. E’ stato anche ipotizzato che l’utilizzo degli strumenti GNU abbia consentito ed anticipato l’avvio dei sistemi operativi popolarmente noti come LINUX.
Negli anni, tuttavia, il concetto di libera circolazione di opere d’ingegno ha subito molte evoluzioni e, per citarne qualcuna, basti pensare alle Creative Commons, ossia veri e propri contratti attraverso i quali, in maniera semplice e standardizzata, l’autore comunica quali diritti riserva a se stesso e quali cede in uso ai fruitori della sua opera, secondo il modello “some rights reserved”.
I destinatari sono una generalità di soggetti indefiniti a cui, volendo, si possono cedere dei diritti d’autore, per scopi commerciali e non, secondo il principio della libera scelta.
Per citare un esempio significativo, la “Creative Commons Music” è la più nota organizzazione nel settore che mette a disposizione degli utenti migliaia di tracce video / articoli / libri + musica in un’audio-libreria on line, senza fini di lucro.
Molti considerano il copyleft una sorta di regressione ed una limitazione al concetto aulico della “vera” proprietà intellettuale, nata proprio per tutelare qualcosa di intangibile e che “appartiene”.
Ragionando meno in superficie, potremmo invece intuire che il copyleft tratta le opere creative come un patrimonio comune e possiamo senza dubbio considerarlo, nella sua forma più estesa, un “meccanismo ponte” che si pone, come scopo principale, quello di incoraggiare la crescita della conoscenza sociale e del bene comune.
Avv. Paola Stefanelli e Dott.ssa Elisabetta Angelini
Bugnion S.p.a.