10 luglio 2014
A quali condizioni la rappresentazione mediante disegno di un "negozio-bandiera Apple" può essere registrata come marchio?
Con la sentenza del 10 luglio 2014 (causa C-421/13), la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha spiegato quali condizioni devono ricorrere affinchè la rappresentazione dell’allestimento di uno spazio di vendita mediante un semplice disegno privo di qualsiasi indicazione delle dimensioni e delle proporzioni, come quello di un “negozio-bandiera Apple”, possa essere registrata come marchio.
La decisione interviene su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte federale dei brevetti tedesca nell’ambito di una controversia tra l’Apple e l’Ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi in merito al rigetto opposto da quest’ultimo ad una domanda di registrazione di marchio.
Il 10 novembre 2010, l’Apple aveva ottenuto dallo United States Patent and Trademark Office (Ufficio dei brevetti e dei marchi degli Stati Uniti) la registrazione di un marchio tridimensionale consistente nella rappresentazione, con disegno multicolore (in particolare grigio acciaio e marrone chiaro), dei propri negozi-bandiera ("flagship stores") per servizi della classe 35 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, ossia per "Servizi di vendita al dettaglio relativi a computer, software, periferiche, telefoni portatili, elettronica di consumo e accessori, nonché dimostrazioni di prodotti correlati".
Successivamente, l’Apple aveva proceduto all’estensione internazionale di tale marchio in applicazione dell’Accordo di Madrid relativo alla registrazione internazionale dei marchi. Tale estensione è stata accettata in taluni Stati e rifiutata in altri.
Il 24 gennaio 2013, l’estensione al territorio tedesco di tale marchio tridimensionale internazionale è stata negata dall’Ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi, con la motivazione che la rappresentazione degli spazi destinati alla vendita dei prodotti di un’impresa altro non sarebbe che la rappresentazione di un aspetto essenziale dell’attività di tale impresa. Se è pur vero che il consumatore può interpretare l’allestimento di un simile spazio come un’indicazione del valore e della categoria di prezzi dei prodotti, detto allestimento non verrà da lui percepito come un’indicazione dell’origine di questi ultimi. Peraltro, lo spazio di vendita rappresentato nella fattispecie non si distinguerebbe a sufficienza dai negozi di altri fornitori di prodotti elettronici.
L’Apple ha allora proposto ricorso avverso la suddetta decisione di diniego dinanzi alla Corte federale dei brevetti tedesca, la quale, ritenendo che la controversia sottoposta sollevi questioni fondamentali in materia di diritto dei marchi, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alcune questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Quest’ultima si è così pronunciata nella sentenza in esame;
“Gli articoli 2 e 3 della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, devono essere interpretati nel senso che la rappresentazione, con un semplice disegno privo di indicazioni delle dimensioni e delle proporzioni, dell’allestimento di uno spazio di vendita di prodotti può essere registrata come marchio per servizi consistenti in prestazioni che sono correlate a detti prodotti, ma che non costituiscono parte integrante della messa in vendita dei medesimi, a condizione che tale rappresentazione sia atta a distinguere i servizi dell’autore della domanda di registrazione da quelli di altre imprese e che non vi osti alcuno degli impedimenti alla registrazione enunciati nella suddetta direttiva.”.
La Corte ha infatti precisato che per poter costituire un marchio, l’oggetto della domanda di registrazione deve, ai sensi della direttiva n. 2008/95/CE sui marchi, soddisfare tre condizioni: deve, in primo luogo, costituire un segno, in secondo luogo, poter essere riprodotto graficamente e, in terzo luogo, essere atto a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.
Una rappresentazione che raffigura l’allestimento di uno spazio di vendita mediante un insieme continuo di linee, di contorni e di forme può costituire un marchio a condizione che sia atta a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. Non si può peraltro escludere che l’allestimento di uno spazio di vendita raffigurato da un segno siffatto consenta di identificare i prodotti o i servizi interessati come provenienti da una determinata impresa. Ciò può accadere nel caso in cui l’allestimento raffigurato si discosti in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore economico interessato.
La generica idoneità di un segno a costituire un marchio non implica che tale segno possieda necessariamente carattere distintivo ai sensi della direttiva citata. Tale carattere deve essere valutato in concreto, in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi contrassegnati e, dall’altro, della percezione da parte del pubblico interessato. E’ sempre tramite un esame caso per caso che l’autorità competente deve determinare se il segno sia o meno descrittivo delle caratteristiche dei prodotti o dei servizi interessati, oppure se ricada in uno degli altri impedimenti alla registrazione enunciati nella direttiva.
La Corte rileva, pertanto, che nel caso di un disegno che rappresenta l’allestimento di uno spazio di vendita, i criteri di valutazione di cui l’autorità competente deve avvalersi non sono diversi da quelli utilizzati per altri tipi di segni.