23 maggio 2014
Quando l'autore può opporsi alla pubblicazione di una parodia della propria opera?
Non dovrebbero essere ammesse come parodia, e gli autori dell’opera con il cui ausilio si dà forma alla parodia sono legittimati ad eccepirlo, "le alterazioni dell’opera originale che, nella forma o nella sostanza, trasmettano un messaggio radicalmente contrario alle convinzioni più profonde della società, sulle quali in definitiva si costruisce, e in definitiva vive, lo spazio pubblico europeo". Questo è quanto si legge nelle conclusioni presentate dall’Avvocato Generale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea il 22 maggio 2014 nella causa C-201/13.
La domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta all'esame della Corte di Giustizia riguarda varie questioni relative alla natura ed al significato della nozione di "parodia" in quanto eccezione ai diritti esclusivi di riproduzione, distribuzione, comunicazione al pubblico di opere e di messa a disposizione del pubblico di materiale protetto, che gli Stati membri hanno facoltà di disporre conformemente all’articolo 5, paragrafo 3, lettera k), della direttiva n. 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione.
La controversia trae origine da un calendario distribuito durante un evento pubblico, la cui copertina riproduce quella di un episodio di un noto "fumetto" al quale sono state apportate talune modifiche al fine e con il risultato di trasmettere un messaggio riconducibile all’ideologia di un certo partito politico.
In base all'articolo 2 della direttiva citata, gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, delle loro opere. Gli articoli 3 e 4 della medesima direttiva prevedono il riconoscimento di altri diritti esclusivi, vale a dire il diritto di comunicazione di opere al pubblico, il diritto di mettere a disposizione del pubblico altri materiali protetti e il diritto di distribuzione. Mentre, nell'articolo 5, sono stabilite eccezioni e limitazioni, in particolare quando l’utilizzo avvenga a scopo di caricatura, parodia o pastiche. Le eccezioni e limitazioni sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare.
Ma secondo l'Avvocato Generale la controversia offre l'opportunità alla Corte di rispondere al seguente quesito: fino a che punto i diritti fondamentali possono influire sul modo in cui il giudice civile interpreta la portata dell’eccezione della parodia ?
Si legge, infatti:
"Fin dall’inizio della sua giurisprudenza sui diritti fondamentali, specialmente in un contesto nel quale non esisteva una dichiarazione di diritti nel senso classico del termine, la Corte ha affermato che i diritti fondamentali sono riconosciuti e garantiti dall’Unione in quanto «principi generali» del suo ordinamento giuridico.
... In particolare, la Corte ha insistito sull’importanza di garantire un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali nei casi in cui possano entrare in concorrenza tra loro. Come ha dichiarato la Corte in termini succinti ma efficaci, «non possono (…) esistere casi rientranti nel diritto dell’Unione senza che tali diritti fondamentali trovino applicazione».
... Per riassumere, sempre supponendo che la parodia risponda effettivamente ai requisiti sopra menzionati, l’interpretazione data nella fattispecie dal giudice civile alla nozione di parodia deve condurre a favorire, in linea di principio, l’esercizio della libertà di espressione con questa particolare modalità. Il problema, tuttavia, riguarda i limiti del contenuto del messaggio, cui sono rivolte le considerazioni che seguono.
... Occorre subito rilevare che la libertà di espressione non è mai interamente «illimitata» in una società democratica, e ciò per vari motivi, sia formali che sostanziali, nei quali non è necessario addentrarsi. Al riguardo è sufficiente rammentare quanto enunciato dall’articolo 10, paragrafo 2, della Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Ne consegue che la Carta [dei diritti fondamentali dell’Unione europea] contempla non solo la libertà di espressione, ma anche altri valori che possono occasionalmente entrare in concorrenza con essa, in primo luogo la dignità umana (articolo 1), nonché un’altra serie di libertà e diritti, segnatamente il divieto di discriminazione fondata sulla razza o sulla religione (articolo 21).
... Nel nucleo ultimo di tali limiti si possono individuare le convinzioni più radicate nella società europea, che è tutto fuorché una società senza storia e, in definitiva, senza cultura. Nel diritto derivato tali convinzioni hanno trovato espressione in particolare nella decisione quadro sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale. È chiaro che il giudice civile chiamato a pronunciarsi su diritti di proprietà intellettuale non è tenuto in via principale a dare effetto a tali limiti, di natura penale, in occasione di una controversia tra privati. Il giudice civile non deve sostituirsi in alcun modo al giudice penale ai fini della repressione di tali comportamenti. Si può tuttavia affermare, allo stesso tempo, che il giudice civile non può ignorare, nella sua attività ermeneutica, che «la Carta esiste», nel senso che esiste con una determinata virtualità, anche nel contesto di una causa civile.
Tenuto conto della «presenza» che si deve riconoscere ai diritti fondamentali nell’ordinamento giuridico nel suo complesso, ritengo che, in linea di principio e dal mero punto di vista della nozione di parodia, non si possa escludere da tale nozione una determinata immagine solo perché il messaggio non è condiviso dall’autore dell’opera originale o può sembrare deplorevole a gran parte dell’opinione pubblica. Tuttavia, non dovrebbero essere ammesse come parodia, e gli autori dell’opera con il cui ausilio si dà forma alla parodia sono legittimati ad eccepirlo, le alterazioni dell’opera originale che, nella forma o nella sostanza, trasmettano un messaggio radicalmente contrario alle convinzioni più profonde della società, sulle quali in definitiva si costruisce, e in definitiva vive, lo spazio pubblico europeo.
... Spetta al giudice nazionale stabilire se, nel caso di specie, le alterazioni apportate all’opera originale restino rispettose di quelle che ho definito come le convinzioni più profondamente radicate nella società europea.
A conclusione, l'Avvocato Generale ha proposto la seguente soluzione giuridica sulla questione sollevata:
"1) La nozione di «parodia» di cui all’articolo 5, paragrafo 3, lettera k), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, è una nozione autonoma di diritto dell’Unione.
2) La «parodia» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera k), della direttiva 2001/29 è un’opera che, con intento burlesco, combina elementi di un’opera anteriore chiaramente riconoscibile con elementi sufficientemente originali da escludere che possa essere ragionevolmente confusa con l’opera originale.
3) Ai fini dell’interpretazione di tale nozione di parodia, il giudice civile deve ispirarsi ai diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, procedendo alla dovuta ponderazione tra gli stessi ove lo richiedano le circostanze del caso di specie.".
Spetta ora alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea decidere della causa.