3 settembre 2014
La pronuncia della Corte di Giustizia sulla nozione di "parodia" nel diritto d'autore
Secondo la sentenza della Corte di Giustizia n. C-201/13 del 3 settembre 2014, "quando una parodia trasmette un messaggio discriminatorio, il titolare dei diritti sull’opera originale può esigere che questa non sia associata al messaggio della parodia".
Sulla questione sono state già pubblicate le conclusioni presentate dall’Avvocato Generale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea il 22 maggio 2014, alle quali si rinvia per l'esame della fattispecie.
La Corte, decidendo sulla domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta al suo esame, così conclude:
"1) L’articolo 5, paragrafo 3, lettera k), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «parodia» di cui a tale disposizione costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione.
2) L’articolo 5, paragrafo 3, lettera k), della direttiva 2001/29 dev’essere interpretato nel senso che la parodia ha come caratteristiche essenziali, da un lato, quella di evocare un’opera esistente, pur presentando percettibili differenze rispetto a quest’ultima, e, dall’altro, quella di costituire un atto umoristico o canzonatorio. La nozione di «parodia», ai sensi di detta disposizione, non è soggetta a condizioni in base alle quali la parodia dovrebbe mostrare un proprio carattere originale, diverso dalla presenza di percettibili differenze rispetto all’opera originale parodiata, dovrebbe poter essere ragionevolmente attribuita ad una persona diversa dall’autore stesso dell’opera originale, dovrebbe essere incentrata proprio sull’opera originale o dovrebbe indicare la fonte dell’opera parodiata.
Ciò premesso, l’applicazione, in una situazione concreta, dell’eccezione per parodia, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera k), della direttiva 2001/29, deve rispettare un giusto equilibrio tra, da un lato, gli interessi e i diritti delle persone indicate agli articoli 2 e 3 di tale direttiva e, dall’altro, la libertà di espressione dell’utente di un’opera protetta, il quale si avvalga dell’eccezione per parodia ai sensi del citato articolo 5, paragrafo 3, lettera k).
Spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce di tutte le circostanze del caso di specie, se - partendo dal presupposto che il disegno di cui al procedimento principale presenti le suddette caratteristiche essenziali della parodia - l’applicazione dell’eccezione per parodia, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera k), della direttiva 2001/29, rispetti tale giusto equilibrio.".
Nella sentenza, pertanto, la Corte di Giustizia sottolinea come la definizione della nozione di "parodia" vada stabilita conformemente al suo significato abituale nel linguaggio corrente, tenendo conto del contesto in cui esso è utilizzato e degli obiettivi perseguiti dalla direttiva. Nel linguaggio corrente la parodia ha come caratteristiche essenziali, da un lato, quella di evocare un’opera esistente da cui essa si deve differenziare in maniera percettibile e, dall’altro, quella di costituire un atto umoristico o canzonatorio. Per contro, una parodia non deve avere un proprio carattere originale, diverso dalla presenza di percettibili differenze rispetto all’opera originale parodiata. Allo stesso modo, non è necessario che possa essere attribuita ad una persona diversa dall’autore dell’opera originale, né che sia incentrata sull’opera originale o che indichi la fonte dell’opera parodiata.
L’applicazione dell’eccezione per parodia, stabilita dalla direttiva n. 2001/29 del 22 maggio 2001, deve rispettare un giusto equilibrio tragli interessi e i diritti degli autori e degli altri titolari di diritti, da un lato, e la libertà di espressione della persona che intende avvalersi di tale eccezione, dall’altro. Se una parodia trasmette un messaggio discriminatorio (ad esempio sostituendo alcuni personaggi comuni con persone che indossano un velo o con persone di colore), i titolari di diritti dell’opera parodiata hanno, in linea di principio, un legittimo interesse a che la loro opera non sia associata ad un siffatto messaggio.